Di seguito proponiamo il “racconto” drammatico l’arcivescovo di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco cattolica ucraina: «Non lasciateci soli nel nostro dolore. Nessuno è preparato alla guerra, tranne i criminali che la pianificano e la mettono in atto. È stato uno choc. Ma era evidente che si trattava di una invasione ben pianificata». Il suo nome come quello di altri leader religiosi era stato messo sulla lista delle persone da “eliminare”: «Abbiamo poi scoperto che nella comunità parrocchiale della cattedrale di Kiev si erano infiltrate delle persone che costituivano un gruppo di assalto pronto ad attaccare». Si erano infiltrati nel coro e nei gruppi giovanili. «Avevano i nostri nomi, cognomi, indirizzi». Anche la cattedrale era stata “marcata” da ricetrasmettitori per essere attaccata dai missili. «Ma io oggi vi parlo da Kiev ed è un miracolo – dice Shevchuk – . Si vede che la forza del popolo ucraino si sta rivelando un miracolo che sorprende il mondo». In città è rimasto un milione di persone. Significa che i due terzi degli abitanti è andato via. «Più del pane la gente ha bisogno di parole di conforto e di speranza che solo la Chiesa può dare».
Altissimo il prezzo pagato con il sangue delle Chiese in questo drammatico mese di invasione russa in terra ucraina. A parlarne è l’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andriy Yurash: 60 le chiese in parte o completamente distrutte; 3 preti della Chiesa ortodossa ucraina morti e 2 preti della Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca uccisi. L’ambasciatore ha elogiato «la grande missione» che le Chiese in Ucraina stanno svolgendo a fianco delle persone. Ci sono vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose che hanno deciso di rimanere nelle città, anche a rischio di bombardamenti e attacchi continui, per restare a fianco della popolazione. Le chiese sono diventate hub, cattedrali che hanno accolto nei sotterranei e nelle cripte le persone, soprattutto donne, bambini e anziani. Curie trasformate in centri di ricezione e distribuzione degli aiuti umanitari. «In molte città le porte delle chiese sono rimaste aperte», ha detto l’ambasciatore che ha ricordato anche il ruolo che i cappellani militari stanno svolgendo per supportare i soldati e anche i messaggi quotidiani di Sua Beatitudine Sviatoslav che sono ogni giorno «fonte di conoscenza e spiegazione di quello che sta succedendo in Ucraina». «Quelli che dovevano essere anni per guarda-re al futuro, nelle ultime settimane si sono trasformate in un triste ritorno al passato. Non solo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ma dell’Europa e del mondo intero cui sembra non aver imparato dalla storia, anche recente, l’orrore causato dalla devastazione della guerra, la follia cieca e distruttrice delle armi – lo ha detto il cardinale Sandri –-. In queste settimane anche Papa Francesco si è fatto voce di coloro che soffrono, denunciando l’aggressione e l’invasione e chiedendo non solo per l’oggi ma anche per il prossimo futuro la fattiva solidarietà delle comunità cristiane e del mondo intero per tutti coloro che sono vittime di questo conflitto, lasciati nell’indigenza, sotto le bombe o costretti a partire per mettere in salvo la propria famiglia». Il Cardinale ha auspicato che si arrivi presto a «una pace fatta di cessazione dell’uso delle armi, di rispetto della giustizia e del diritto internazionale, di progressiva guarigione delle ferite e anche della riconciliazione»
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