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NUOVO RITO DELLE MESSA – IL PADRE NOSTRO

La novità che più incuriosisce nel rinnovamento della liturgia introdotta la scorsa domenica sono le nuove parole del PADRE NOSTRO.

Perché andare a toccare la versione italiana in uso nella liturgia della Messa dall’inizio degli anni ’70 e retaggio dell’educazione catechistica di intere generazioni?

La spiegazione di questo cambiamento ci viene dal sito della nostra diocesi: “La preghiera del Signore (Padre Nostro) rende di uso liturgico, nella parte finale, la nuova versione della Bibbia CEI 2008: «… come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male». La scelta dei vescovi non risponde alla necessità di una fedeltà materiale al testo greco [Mt 6, 13], ma a una scelta di carattere pastorale. Il verbo usato da Matteo (gr. eisféro), significa «portare verso» o «portare dentro» e quindi in senso etimologico anche «indurre». Il problema nasce dal fatto che al nostro orecchio moderno l’espressione “indurre in tentazione” porta a pensare che il Padre spinga, e in qualche modo provochi alla tentazione, consegnando un’immagine di Dio non pienamente evangelica. Ecco allora la ricerca di moduli espressivi diversi da quello in uso come, ad esempio “e non metterci alla prova” (Bovati), “e non lasciarci entrare in tentazione” (Messale francese) “e non lasciarci cadere in tentazione» (Messale spagnolo). La scelta italiana ha preferito “e non abbandonarci alla tentazione” come espressione che esprime allo stesso tempo la richiesta di “essere preservato dalla tentazione” e di “non essere abbandonato alla forza della tentazione”. Va infine aggiunto che, per fedeltà al greco (ós kaí) e al latino (sicut et) anche l’italiano aggiunge un “anche” (“come anche noi”). È la scelta migliore? Il tempo ce lo dirà.”

Quello che possiamo fare oggi è educarci alla nuova formula, comprendendo il significato di una preghiera spesso ripetuta ma non sempre compresa. 

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